Iniziamo definendo il fenomeno nei suoi diversi contesti. In fluidodinamica, la turbolenza è definita un “movimento irregolare delle particelle di un fluido, caratterizzato da forti fluttuazioni della velocità che rendono imprevedibili le traiettorie delle particelle stesse”. In meteorologia, è una “variazione improvvisa della direzione e intensità del vento rispetto all’andamento medio dell’aria”; quando supera limiti ben definiti, una variazione del vento sull’asse verticale o orizzontale è detta wind shear. Per l’ICAO (International Civil Aviation Organization), la turbolenza è una serie di «scossoni» avvertiti da un aereo quando incontra correnti ascendenti, discendenti o raffiche di vento.
Sebbene la turbolenza e il wind shear siano spesso correlati, per la Meteorologia Aeronautica si tratta di fenomeni distinti. La prima si riferisce alle oscillazioni irregolari che un aereo subisce a causa di moti caotici nell’aria, così come già esplicato precedentemente; il secondo, invece, rappresenta una variazione improvvisa della velocità o della direzione del vento su una distanza relativamente breve, sia orizzontalmente che verticalmente.
Mentre il wind shear può generare turbolenza, non sempre è percepito direttamente come tale, ma può influire notevolmente sul controllo e sulla traiettoria dell’aereo, specialmente durante le fasi critiche di decollo e atterraggio. In poche parole, possiamo definire il wind shear la causa e la turbolenza l’effetto. La combinazione di entrambi i fenomeni rappresenta una sfida significativa per la condotta del volo e richiede una costante attenzione nell’analisi delle condizioni meteorologiche da parte dei previsori aeronautici.
L’ICAO ha inoltre classificato la turbolenza in base alla sua intensità. Può essere infatti Light (Debole leggere oscillazioni), Moderate (Moderata variazioni di velocità tra 15 e 25 Kt, difficoltà a camminare e scossoni intermittenti), Severe (Forte variazioni di velocità oltre 25 Kt, oggetti non fissati si muovono, possibile momentanea perdita di controllo dell’aereo), infine Extreme (Estrema - perdita totale di controllo e possibili danni strutturali).
Per comprendere appieno questo fenomeno, dobbiamo risalire a tre principali categorie: la Turbolenza convettiva, la Turbolenza meccanica e la Turbolenza in aria chiara (CAT, Clear Air Turbulence).
Turbolenza convettiva
La turbolenza convettiva si manifesta in presenza di fenomeni meteorologici intensi, come i temporali, o durante la fase di sviluppo di questi ultimi. È causata dalle correnti ascendenti (updraft) e discendenti (downdraft) tipiche della nuvolosità convettiva, spesso associate a nubi temporalesche come i Cumulonembi (Cb) o i Cumuli Torreggianti (TCu).
Queste nubi, con uno sviluppo verticale superiore ai 10 km (livello di volo, FL350), possono generare correnti verticali con velocità di 20-50 Kt, come riportato dal manuale Aviation Hazards. Le turbolenze convettive, quindi, rappresentano un rischio significativo soprattutto in caso di celle temporalesche estese e ben organizzate, che possono aver luogo anche durante il passaggio di fronti temporaleschi. Le turbolenze derivate da questi eventi possono essere avvertite anche ad alcune decine di chilometri da una nube temporalesca.
Turbolenza meccanica
La turbolenza meccanica si origina dall'attrito del vento con il terreno o altri ostacoli. Infatti al suolo, il vento rallenta per attrito negli strati prossimi alla superficie, generando vortici turbolenti, in quota i vortici possono formarsi per scorrimento tra correnti d’aria di diversa intensità o direzione e infine in presenza di ostacoli orografici, come catene montuose, il vento che impatta i rilievi con un angolo significativo, genera onde atmosferiche (dette onde orografiche), che possono estendersi fino a 10 km di altezza e causare turbolenza nel lato sottovento dei rilievi. Le onde orografiche, inoltre, possono essere anche rese visibili dalle formazioni nuvolose che si formano sulla cresta dell’onda, le bellissime nubi lenticolari. In Italia, esempi di turbolenza meccanica sono spesso osservabili sull’arco alpino con venti settentrionali e lungo l’Appennino con venti occidentali o meridionali.
Turbolenza in aria chiara (CAT)
La turbolenza in aria chiara, o CAT, può aver luogo tipicamente tra i 5 e i 6 km di quota, nella media-alta troposfera, e si associa spesso alle correnti a getto (Jet Stream). Questo tipo di turbolenza è difficile da individuare, poiché si manifesta in assenza di nubi.
Le aree di CAT possono estendersi tra 80 e 100 km, ma talvolta raggiungono anche i 500 km, con uno spessore dello strato interessato che varia da 500 m a 2 km. Il rischio di CAT aumenta con un wind shear verticale superiore a 5 Kt ogni 1000 piedi. Inoltre, la CAT può verificarsi al passaggio di fronti, nelle discontinuità termiche o in presenza di inversioni di temperatura e, talvolta, negli strati più bassi della troposfera, specie in caso di forti raffiche di vento.
Vediamo un caso di studio
Un caso emblematico di turbolenza severa non prevista si è verificato il 5 Dicembre 2024, durante un volo da Londra a Roma Fiumicino. L'aeromobile ha incontrato turbolenza severa improvvisa in un’area della FIR (Flight Information Region) di Milano alle ore 12:45 UTC, dove le carte meteorologiche aeronautiche non evidenziavano alcun segnale di rischio.
L'evento è stato attribuito ad una CAT, in particolare, associata ad uno jet streak, un ramo particolarmente intenso di una corrente a getto (Jet Stream). Questo fenomeno è spesso difficile da prevedere, poiché si manifesta in assenza di nubi o altri indicatori visibili da satellite.
I sistemi di previsione standard, come le carte del tempo significativo (SIGWX) e i modelli numerici, non avevano segnalato anomalie particolari in quella regione.
In casi come questi, i riporti di volo sono stati di cruciale importanza per la sicurezza alla navigazione aerea. Infatti altri velivoli che hanno attraversato la stessa area hanno successivamente confermato turbolenza sia moderata che severa. Questi riporti hanno spinto i previsori aeronautici ad emettere un aggiornamento tempestivo della situazione meteorologica, emettendo un avviso AIRMET (Airmen’s Meteo Information) e SIGMET (Significant Meteo information) per l’area interessata.
Nell’ immagine a lato si può notare la presenza di aree colorate di rosso. Quelle in trasparenza sono messaggi Airmet per moderata turbolenza con limite superiore al Flight Level (FL) 150, mentre l’area rossa che ricopre l’Italia nord-occidentale è un avviso Sigmet, emesso dal previsore in turno al Weather Watch Office nazionale del CNMCA di Pratica di Mare, per turbolenza forte da FL200 fino a FL400.
Il caso sottolinea un punto cruciale: nonostante i progressi nei modelli meteorologici e nelle tecniche di previsione, rimangono aree grigie nell'individuazione della turbolenza, in particolare per fenomeni come la CAT. Infatti, questo esempio evidenzia quanto sia fondamentale il continuo scambio di informazioni tra piloti e previsori aeronautici per migliorare ed ottimizzare la sicurezza al volo, e come i previsori devono, quindi, combinare un lavoro di prognosi e diagnosi del “tempo” coadiuvato da osservazioni nowcasting e svariate strategie operative.
Nella stragrande maggioranza dei casi, fortunatamente, c’è molta meno incertezza nella diagnosi e prognosi della turbolenza. Un esempio significativo si è verificato pochi giorni dopo il caso di turbolenza forte precedentemente illustrato, quando il ciclone denominato “Darragh”, così classificato dal Servizio Meteorologico Britannico (UK Met Office), ha attraversato una vasta area del continente europeo, e finanche l’Italia. In questo caso, un'analisi approfondita delle carte meteorologiche ha rivelato chiaramente la presenza di tutti gli indicatori necessari per prevedere fenomeni di turbolenza severa.
Grazie a parametri come l’intensità e la direzione del vento, l’individuazione di correnti a getto particolarmente attive e velocità verticali tramite modelli numerici, è stato possibile emettere tempestivamente i messaggi di sicurezza pertinenti, come SIGMET e AIRMET, garantendo così la sicurezza della navigazione aerea.
A differenza del precedente, questo episodio evidenzia l'importanza di una corretta interpretazione dei dati e della rapidità decisionale da parte del previsore aeronautico, ed in particolare come la combinazione di esperienza, strumenti avanzati e procedure consolidate permetta di anticipare situazioni potenzialmente pericolose.
Quindi, quanto è pericolosa la turbolenza per il volo?
La turbolenza, sebbene possa risultare un’esperienza inquietante per i passeggeri, è raramente pericolosa per la struttura dell’aereo, grazie ai moderni standard di progettazione degli aeromobili. Comprendere la natura e le cause di questo fenomeno permette non solo di affrontarlo con maggiore serenità, ma anche di adottare le migliori strategie operative per garantire la sicurezza. In definitiva, la turbolenza rimane un promemoria costante della potenza e dell'imprevedibilità dell'atmosfera: sebbene possa scuotere il volo non deve mai farci dimenticare che la sicurezza inizia con un semplice gesto: allacciare le cinture!